venerdì 23 giugno 2017

Atletica, Donato: “A 40 anni sogno in grande. Taylor e Clay non sono lontani”

L’obiettivo, sfruttando la forzata assenza della Russia vincitrice di quattro delle prime sei edizioni della rassegna, eredità della Coppa Europa che fu, potrebbe essere ambizioso: centrare il miglior risultato di sempre, ovvero quel sesto posto ottenuto in tre occasioni, l’ultima — a Cheboksary 2015 — compresa. L’Italia del neo d.t. Elio Locatelli, agli Europei a squadre di Villeneuve d’Ascq, per la prima volta su tre giorni, pensa in grande. A guidarla, in un mix di (alcuni) veterani e (tanti) giovani, Fabrizio Donato, 41 anni tra meno di due mesi: col 17.32 centrato 12 giorni fa a Pierre-Bénite, sempre in Francia, guida la lista continentale del triplo ed è al quarto posto di quella mondiale. A 28 cm dal proprio record italiano all'aperto, che resiste da 17 anni, e mai così lontano dai Giochi di Londra 2012.
Ha in canna altri miracoli? 
Sono in un bel periodo, tengo a bada gli acciacchi dell’età, male ai tendini su tutto. Prima dei Mondiali, obiettivo stagionale, ho pensato a tre gare, l’ultima gli Assoluti di Trieste del prossimo weekend. Vediamo se tutte saranno all'altezza della prima”.
Qual è il suo segreto? 
Solo la capacità di gestirmi: vuol dire saper ascoltare il proprio corpo, cambiare in corsa programmazione e piani di allenamento, avere intuizioni. Molto è figlio dell’esperienza”.
L’appuntamento è per domenica alle 15.50: non su una pedana qualsiasi... 
Sulla pedana che ha regalato il tentativo più lungo della storia, proprio in una Coppa Europa. Jonathan Edwards, nel 1995, planò a 18.43. Solo una bava di vento a favore di troppo (+2.4 m/s) inficiò il risultato. Ma l’inglese, al record del mondo, sarebbe arrivato 45 giorni dopo, con un 18.29 che resiste tuttora. Il manto è stato ovviamente rifatto. Ma è tutto nella stessa posizione”.
Un 25 giugno come allora: cosa le resta di quella meraviglia? 
Avrei debuttato nella manifestazione tre anni più tardi, quindi solo la visione del relativo filmato. Quel che colpisce, come in ogni prova di Edwards, è la naturalezza. Atterra oltre i dodici metri con hop e step, come mi è successo qualche volta, ma mantiene la stessa ampiezza sul jump. Ed è ciò che fa la differenza”.
In una gara che, con tre tentativi per tutti e un quarto solo per i migliori quattro, potrebbe anche favorirla, troverà altri due atleti con uno stagionale oltre i 17 metri, il francese Pontvianne (17.13) e il tedesco Hess (17.02). 
“Sarà stimolante: Hess ha 20 anni, come il ceco Zeman e l’ucraino Malosilov. Quando esordivo in Coppa Europa, erano appena nati. Voglio far bene: gareggiare per la Nazionale mi gasa. E il ruolo di capitano mi affascina. Ma non chiedetemi che discorso farò: a braccio, come sempre”.
Due anni fa, in Russia, vinse al pari di Benedetti negli 800. 
“Avevo un tendine infiammato e c’era molto vento. Mi mancava continuità. Centrai un 17.11 con +3.3 alla prima, bastò per regalare punti pesanti alla squadra e a me il terzo successo nella rassegna dopo Firenze 2003 e Malaga 2006”.
Come è migliorato da allora? 
“Avevo bisogno di nuovi stimoli e da settembre faccio da solo: è giusto cambiare, sperimentare. Ho rivoluzionato la mie metodologie, lavorando sulla velocità, mio punto debole, partendo dalla forza. I risultati per ora, considerando anche l’argento agli Euroindoor, mi danno ragione”.
Con Andrew Howe s’è inventato anche allenatore... 
“Faremo cose belle. Il 7.66 di Chiasso non fa testo: era reduce da un mese e mezzo di problemi e ha trovato una serata sfavorevole. Dagli Assoluti non potrà che migliorare”.
È vero che per lui pensa a un domani da triplista? 
“Non corriamo: pochi, però, hanno le sue qualità di balzo. È una porta aperta sul futuro”.
Il suo cosa riserva? 
Taylor e Claye ora sono lontani: vedremo tra un mese e mezzo. Continuo a sognare in grande”.
Fonte: Gazzedellosport.it

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